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Crowdfunding e Fintech

Crowdfunding, minibond e mitigazione rischio: la finanza innovativa apre alle costruzioni 

Crowdfunding, minibond e mitigazione rischio: la finanza innovativa apre alle costruzioni

La finanza innovativa gioca un nuovo e innovativo ruolo nel settore delle costruzioni, che ha scelto di aprirsi a forme alternative di raccolta del credito quali il crowdfunding e i minibond, sfruttando al contempo strumenti per rendere sempre più efficace la mitigazione del rischio.

Per disporre di una buona panoramica su queste forme alternative di accesso al credito abbiamo chiesto l’autorevole parere di Flavio Monosilio, direttore del centro studi di Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili, con cui si è tracciato un quadro generale dei diversi strumenti in relazione al settore delle costruzioni.

Il crowdfunding e le costruzioni

Il crowdfunding è un finanziamento dal basso, ovvero aperto a chi vuole partecipare a un progetti di raccolta credito che, come Monosilio descrive, hanno principalmente lo scopo di dare un boost, ovvero una spinta legata al rischio che precede l’iniziativa di costruzione.

L’Italia si sta muovendo bene verso questi orizzonti e come dimostra il report Real Estate Crowdfunding Report del 2019 di EY si è posizionata al quinto posto a livello europeo nel 2018, con un valore medio di investimenti di 5.200 euro e un numero medio di investitori di 160.

Tra le diverse tipologie esistenti di crowdfunding, quelle che Ance sta tenendo sotto i riflettori sono attualmente l’equity e il lending. Nell’equity l’impresa finanzia il proprio progetto raccogliendo dei fondi e a fronte della cessione di quote societarie. Le stesse quote potranno essere rivendute dagli investitori in futuro, a un prezzo maggiore di quello che hanno speso per acquistarle, allo scopo generare capital gain.

Qui siamo di fronte a una forma audace di crowdfunding, perché la società che avvia la campagna potrebbe fallire o il progetto non essere mai acquistato. Ecco perché a rassicurazione degli investitori esiste un apposito regolamento della Consob e una vigilanza della stessa sui portali che lo trattano.

Il lending è invece una forma di raccolta dove l’impresa si finanzia chiedendo un prestito al pubblico obbligandosi alla restituzione del capitale più gli interessi. In questo caso ci avvicina al concetto di credito bancario, ma lo scopo è suddividere in tante porzioni un grande finanziamento, per ridurre l’importo minimo che serve per sottoscriverlo.

In entrambi i casi l’accesso a queste forme di alternative di finanziamento da parte delle società del settore costruzioni è in fase iniziale, ma ci sono promettenti orizzonti di espansione futura, anche considerando che l’Italia è entrata nell’universo del crowdfunding per il real estate solo dal 2017.

Numeri importanti per i minibond

I numeri e si rimpolpano quando si passa a parlare della seconda forma innovativa di finanziamento: i minibond. Lo scenario che ne ha favorito lo sviluppo è l’innovazione normativa che ha permesso l’emissione anche alle imprese che prima non ne erano possibilitate. Il Decreto Sviluppo e Sviluppo Bis hanno infatti rimosso quelli che erano i limiti di emissione ed esteso anche i vantaggi fiscali, sia per gli investitori che per le imprese emittenti. Prima della variazione, le emittenti non potevano eccedere nel valore delle obbligazioni il doppio del capitale sociale, delle riserve disponibili all’ultimo bilancio approvato e della riserva legale.

Il Decreto Sviluppo e il suo Bis hanno tolto il vincolo e oggi lo scenario dei minibond nel settore delle costruzioni sta cominciando a prendere forma.  Anche alla luce di uno dei suoi benefici più interessanti che è attribuire valenza per la crescita dell’analisi finanziaria di un’impresa. Valenza che è figlia del rating di credito, una valutazione che permette di stabilire lo stato di salute dell’azienda e quindi la creazione di un piano sostenibile di finanziamento attraverso i minibond, ma che al contempo può rassicurare gli investitori sulla bontà delle operazioni prospettate.

Ecco che nel caso dei minibond gli importi sono più corposi e rivolti ad aziende strutturate. Vi è una regolamentazione precisa e per dimostrare affidabilità e buona salute si sottopongono a un processo di certificazione costoso, sostenuto anche da Ance come associazione.

A oggi, considerando che, con la delibera n. 21110/2019  Consob ha aperto al collocamento di minibond anche attraverso i portali online dedicati al crowdfunding, lo scenario può diventare ancor più interessante.

Secondo il 5° Report italiano sui Mini-bond dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, al 31 dicembre 2018,  498 imprese italiane  avevano collocato minibond, di cui  260 sono Pmi. Gli emittenti sono stati 176 (di cui 123 si sono affacciate sul mercato per la prima volta), con un significativo aumento rispetto all’anno precedente.

In particolare:
• nel 2018 sono più che raddoppiate le Srl emittenti rispetto al 2017 (da 21 a 45).
• Il volume dei ricavi delle imprese emittenti è molto variabile: nel 2018 42 emittenti fatturavano meno di  10 milioni di euro  prima del collocamento. La fascia più numerosa era comunque costituita da emittenti con ricavi compresi fra 100 milioni e 500 milioni di euro.
• Per quanto riguarda il settore di attività, si conferma la netta supremazia del comparto manifatturiero (41% del campione totale); nel 2018 si è però assistito ad una maggiore varietà rispetto al passato, con un aumento nei segmenti meno  rappresentati in precedenza.
• La collocazione geografica evidenzia come sempre una netta prevalenza delle regioni del Nord; il 2018 ha visto un ruolo dominante della Lombardia con 50 emittenti (il 28% su scala nazionale). Crescono il Piemonte e le regioni del Sud, scende il Trentino-Alto Adige.
• Le rilevazioni condotte dall’Osservatorio del Politecnico di Milano evidenziano inoltre una leggera riduzione dei costi di emissione legati alle consulenze e alla strutturazione delle emissioni.
• Rispetto alle motivazioni del collocamento, si conferma come  dominante l’obiettivo di finanziare la crescita interna dell’azienda (nel 56% dei casi, soprattutto per le Pmi). Al secondo posto emerge l’obiettivo di ristrutturare le passività finanziarie (soprattutto per le grandi imprese).

Gli Strumenti di mitigazione del rischio

Concludendo con gli strumenti di mitigazione del rischio, Monosilio ha offerto una carrellata di quest’ultimi, puntando il focus sui due principali.

Il primo è costituito dalle garanzie che vengono offerte sui finanziamenti concessi per ridurre il rischio dell’ente erogatore. Principe in questo caso è il Fondo di garanzia delle piccole medie imprese, che offre garanzie attraverso l’analisi della realtà affidata e può andare a coprire fino all’80% del credito erogato. Tali garanzie permettono di ridurre il tasso di interesse che segue il rischio e consente alle banche di valutare anche imprese che, secondo i criteri di tutela e garanzia, non sarebbero altrimenti facilmente finanziabili.

Il secondo strumento di mitigazione del rischio sono i confidi, generalmente complementari al fondo garanzia delle piccole medie imprese e spesso elargiti da associazioni di categoria, soprattutto da quelle presenti nel territorio di interesse.

Anche se diversi fra di loro, gli strumenti innovativi di accesso al credito e di mitigazione del rischio hanno una caratteristica comune: la fiducia che attori quali investitori o garanti ripongono nei grandi progetti di costruzione. Fiducia che se basata su presupposti di modernità e innovazione può probabilmente crescere e apportare benessere all’intero settore delle costruzioni.

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